Tecnologia e filosofia i due motori dello sviluppo umano
Sto leggendo due libri molto diversi fra loro, ma che rappresentano entrambi una chiave di lettura molto interessante per il nostro futuro.
Il primo “Twilight Management – il crepuscolo del management” è scritto da Matthew Stewart – Laurea in filosofia ad Oxford e passato da consulente strategico. Ci racconta la grande “truffa” della consulenza strategica, modello che sembra essere nella sua curva discendente.
Il secondo di Thomas L. Friedman – tre premi Pulitzer – importante editorialista del New York time – si intitola: “Grazie per essere arrivato tardi” e tratta l’incredibile evoluzione tecnologica in atto negli ultimi anni e i suoi riflessi sulla nostra vita, sull’economia e sul nostro futuro.
Provo a fare una sintesi e trarre delle conclusioni – mettendoci del mio – da queste due letture che vi invito a fare.
La fine della consulenza strategica
Stewart rappresenta molto bene un modello di management, molto in voga dagli anni ’80, quello della consulenza strategica. Modello che sembra essere al suo crepuscolo, non per propria volontà, bensì per i cambiamenti che la tecnologia – la principale fonte del progresso umano – stanno imponendo al globo.
Racconta la sua storia all’interno di una società di consulenza costola della ben nota società fra le società di consulenza strategica. Il modello di queste società fa leva sulle debolezze dei manager delle imprese di grandi dimensioni.
A cercare tra i numeri si trova sempre una curva a balena che dimostra come concentrandosi sul 20% di qualcosa ottieni l’80% del risultato. E da qui i piani strategici. Tutti uguali, tutti basati su tagli e concentrazione, su una superficialità incredibile che considera la tecnologia, le relazioni, le capacità, solo degli elementi accessori del successo di un’impresa.
Esempio ne è quello dei piani strategici delle nostre banche. Tutti uguali, molti fallimentari. Un esempio: quello di Monte dei Paschi prima dell’ultimo presunto aumento di capitale.
Concetti spesso basati – a quanto dimostra Stewart – su teorie di management vacue. Da filosofo racconta la storia di diversi guru del management e di come sono nate le diverse teorie. Distrugge Taylor, di Mayo ne fa polpette.
La presunta scientificità di queste teorie viene dimostrata essere poco o niente. Non che alcune di esse non abbiano una valenza ai fini della gestione delle imprese, ma Stewart fa notare la differenza tra una teoria scientifica e un’opinione filosofica. E sottolinea l’importanza di non ingannare gli altri né sé stessi adducendo prove scientifiche impossibili data la natura dei temi.
Il fattore umano
Stewart dimostra al contrario l’importanza del pensiero umano, filosofico sul nostro destino. Il pensiero non ha bisogno di prove scientifiche. I grandi passi dell’umanità non hanno bisogno di essere dimostrati. Ad esempio che una sanità pubblica sia una cosa giusta non è necessario dimostrarlo. Non dobbiamo per forza dimostrare con presunte prove di scientificità le nostre tesi. Un leader ha il coraggio delle proprie idee, un manager capace ha il coraggio delle proprie idee.
Possiamo dire che la forza del fattore umano non deve essere dimostrata. Ovunque, anche nell’impresa. Va solamente affermata e difesa.
Tecnologia = progresso
Il secondo meraviglioso libro di Friedman ci racconta il mondo di domani dalle recenti storie dell’evoluzione delle tecnologie.
Per Friedman lo spartiacque è il 2007. Durante quest’anno sono avvenuti dei cambiamenti tecnologici tali da cambiare il destino dell’uomo.
Sono ingegnere e forse per questo amo molto questi argomenti, ma è evidente da questo libro quanto la tecnologia sia determinante nel progresso. Nonostante le crisi finanziarie in atto proprio nello stesso periodo, il 2007 ha rappresentato per Friedman un anno memorabile per il progresso dell’umanità. E per il progresso di alcune economie che stanno puntando sulla tecnologia, con tassi di crescita che l’Europa non vede da decenni.
Con la convergenza di numerose innovazioni. Quella dei chip che finora è riuscita a mantenere l’incredibile legge di Moore, del software con casi ad esempio come Hadoop, un open source che parte dalle idee di Google e che consente la ricerca su dati destrutturati distribuiti, o GitHub la piattaforma di sharing di software inventata da un trentenne che sta moltiplicando la produttività della programmazione.
Bellissima la storia di Irwin Jacobs professore e fondatore di Qaulcomm un’azienda che lavora nel mondo dei cellulari. A lui si devono i protocolli più efficienti che hanno consentito la rivoluzione dell’accesso alle reti dei nostri telefoni “mobile” e dei tablet.
La morale è che siamo solo all’inizio della parte più ripida della curva esponenziale di crescita dell’innovazione tecnologica e che la legge di Moore al quadrato si sta ampliando a tutti i campi dello sviluppo umano.
All’inizio di una rivoluzione
Questo sviluppo come ci ha ricordato anche Rifkin nel suo ultimo libro (La società a costo marginale zero) avrà un impatto fortissimo anche sulla nostra società in termini di crescita economica, distribuzione di ricchezza, modelli di sviluppo.
Sull’uomo e sulla tecnologia bisogna puntare. Per fortuna l’Italia è brava in entrambe le aree. Nonostante i politici che contano sempre meno. Basta vedere l’attuale governo, senza far niente sta facendo meglio di chiunque negli ultimi vent’anni.
Forse la tecnologia permetterà a breve un modello di rappresentanza diretta. E sappiamo bene come queste innovazioni siano inarrestabili.
Stefano Pivi
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