“Design is what links creativity and innovation.
It shapes ideas to become practical and attractive propositions for users or customers. Design may be described as creativity deployed to a specific end”
La traduzione letterale di Design è “progettazione”, ma la parola Design in Italiano ha assunto, grazie alla grande tradizione che si è sviluppata nel nostro paese a partire dal dopo guerra, un significato a volte legato ad aspetti più estetici e di moda.
In realtà tornando alla definizione inglese – ce ne sono molte altre – il design ha un obiettivo molto pratico. Creare prodotti o servizi che siano utili, facili da usare e, perché no, belli. E con il focus sui clienti – o nel caso dei servizi interni alla azienda, sugli utenti – perché proprio dal cliente bisogna partire per realizzare qualcosa che gli sia utile.
Quanti esempi ci sono di prodotti che non hanno avuto successo, perché anche se geniali nella concezione, non rispondevano ad una esigenza dell’utente o la soddisfacevano in maniera troppo complessa.
Focalizzandoci ora sui servizi, che pesano per circa il 60% del PIL mondiale, il Design viene ormai riconosciuto come il principale fattore di successo, soprattutto per quanto riguarda i servizi innovativi. Infatti la tecnologia, che solo 10-20 anni fa poteva essere un fattore differenziante o una barriera all’entrata, oggi è facilmente disponibile e molto economica.
Il Service Design è un metodo strutturato, che non soffoca pero’ la creatività, per realizzare servizi di successo partendo dal punto di vista del cliente (nella figura il processo del “doppio diamante” un metodo per la progettazione di servizi e prodotti).
E per fare questo, oltre al “Cliente al centro”, e quindi all’utilizzo di numerosi strumenti per indagare il cliente quali il Service Safari o il Customer Journey Mapping, il Service Design sposa altri due concetti fondamentali.Il primo è l’utilizzo di prototipi per testare l’esperienza dell’utente. Infatti il servizio come viene vissuto dall’utente come somma di interazioni con i cosiddetti “touchpoints”, cioè i punti di accesso al servizio stesso. E’ fondamentale non presupporre le esigenze, le modalità di utilizzo e le reazioni del cliente, ma fargli sperimentare i tocuhpoint e raccogliere il suo feedback
E questo vale non solo per le applicazioni informatiche, nel cui sviluppo la prototipazione è una metodologia più conosciuta, ma anche per le parti fisiche del servizio, ad esempio simulando le interazioni del cliente con un desk fisico di accoglienza. Solo integrando mondo fisico e mondo virtuale in base al feedback dell’utente è possibile creare una customer experience di successo
L’altro concetto è quello della condivisione, o dell’approccio social. Il servizio viene sviluppato da un team di progetto misto che valorizza i diversi punti di vista dalla cui sintesi possono nascere innovazioni importanti.
E quindi si parla di co-creation: oltre a colleghi di altre funzioni aziendali rispetto a quella che deve gestire il servizio, possono essere coinvolti fornitori, partner esterni, o il cliente stesso, in questo caso non come “sperimentatore, ma come ideatore del servizio. Questo approccio puo’ creare anche ricadute importanti in termini di marketing, in quanto sul web si puo’ amplificare facilmente tutto quello che è social.
Stefano Pivi
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