“Innovation distinguishes between a leader and a follower”
Steve Jobs
Innovazione è da sempre una parola calda all’interno di imprese ed organizzazioni, spesso avvolta da un velo di mistero. Descritta come una caratteristica fondamentale per il successo, un elisir di gioventù organizzativa, un tangibile vantaggio competitivo, è capace di superare crisi di mercato, ma allo stesso tempo considerata complessa, costosa e sfuggente.
Della sua centralità, di come sia imprescindibile per la sopravvivenza delle moderne organizzazioni si è detto e scritto molto, si sono scomodati i più grandi leader dell’economia e della politica ed è difficile aggiungere valore in un sentiero già così battuto.
Se facciamo un passo indietro e pensiamo al significato più profondo e naturale d’innovazione si può convenire che il prerequisito fondamentale, il cuore pulsante dell’innovazione stessa, è il cambiamento. Per meglio dire la capacità di capirlo, accettarlo ed abbracciarlo.
Il cambiamento è una strana creatura che se da un lato eccita e crea grandi aspettative e speranze, dall’altro porta tensione, paura, spesso blocca e paralizza persone, organizzazioni e società. Sembra che il detto popolare “Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia non sa quel che trova” risuoni con fragore e vento di tempesta in molte orecchie, in molte teste, in molti cuori.
L’avversione al cambiamento è qualcosa di molto personale, intimo, che attacca l’individuo ancora prima dei team, dei gruppi complessi e delle reti.
Questo blocco spesso nasce dall’interno: si direbbe un fattore endogeno, che urla, sussurra o bisbiglia nella testa di ognuno di noi con una voce che sempre giudica e spesso proibisce.
Alcuni l’hanno chiamato sabotatore interno, altri credenze limitanti, in maniera ancora più vivida ed evocativa, lo scrittore e coach Richard Carson li ha definiti “Gremlins”. Esatto! Come quei letali mostriciattoli protagonisti dell’omonimo film di metà anni ’80.
Questi Gremlins vivono e si nutrono all’interno delle mente di ciascuno di noi, assumono diverse sembianze, nonché diversi toni e ritmi di voce; i più temibili sono quelli meno visibili, quelli che si travestono con astuzia da buon senso, da “idea comune”. “Chi, ad esempio, non si è trovato ad affrontare il Gremlin che si potrebbe definire più classico, quello che ripete come un mantra “hai sempre fatto così, perché rischiare”, “l’ultima volta che hai provato hai fallito, fallirai anche questa volta…non provarci”.
Non fa differenza se l’oggetto del cambiamento è iniziare una nuova strada professionale, guidare un processo aziendale di “Change Management”, lanciare quel prodotto innovativo o semplicemente decidere di iniziare a correre dopo anni di sedentarietà. Il Gremlin è una creatura furba e prenderà le sembianze ora di un capo troppo autoritario, ora di un amico dal giudizio facile o di un famigliare emotivamente ingombrante e pescherà all’interno delle fantasie per trovare il vestito più adatto, le parole più persuasive, le motivazioni più ragionevoli per bloccare il seme del cambiamento.
Vi do una buona notizia. I Gremlins si possono addomesticare. Come? E soprattutto, come si può cominciare a scardinare queste credenze limitanti? Approfondiremo il tema nel corso dei prossimi articoli.

Nicola Chighine

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