L’aula virtuale – seconda puntata
Nell’articolo precedente avevo cominciato a identificare alcune regole per massimizzare l’efficacia e l’impatto di un intervento formativo condotto con aula virtuale.
Il punto di partenza vedeva nell’aula virtuale una diretta proporzione tra la componente tecnologica e quella umana e relazionale. Più cresce la prima, più deve essere forte e stabile la seconda.
È una questione di equilibrio, una ricetta dove ogni grammo di tecnologia richiede un extra grammo di relazione umana, digitale chiama analogico e viceversa, non c’è esclusione ma inclusione.
(Ri)partendo da questo assunto fondamentale, ecco di seguito altri 3 punti su come si conduce efficacemente un’aula virtuale.
Stretching Relazionale
Coerentemente con il target ed il registro comunicativo con il quale si vuole condurre l’aula, è fondamentale fare un po’ di stretching relazionale all’inizio di un percorso formativo e/o di una lezione.
Come? La conoscenza specifica dell’aula è fondamentale. Se parliamo di una docenza a studenti universitari o di un workshop per manager, ad esempio, le modalità potrebbero essere completamente diverse.
In linea generale, si può ricorrere ad un’attività di ice-breaking, un giro di tavolo (virtuale), un’introduzione co-costruita dove il docente racconta il corso partendo dagli spunti e dagli interventi dei partecipanti (ad esempio le loro aspettative, le conoscenze pregresse), etc.
La tecnologia raffredda. È compito del formatore riportala alla temperatura giusta.
Anche quelli dell’ultima fila devono sentir bene
Questo titolo riassume una (vecchia) regola aurea per cui un bravo comunicatore dovrebbe regolare il volume della voce con l’obiettivo di essere udito anche dal fondo della platea.
Trasponendo il concetto all’interno di un’aula virtuale, il docente – o più generalmente l’host – dovrà tarare la propria conduzione sulla sua ultima fila a livello di qualità della connessione/capacità “digitali”/ conoscenza dell’argomento trattato.
Siamo solo all’inizio di una reale trasformazione digitale dell’education: come formatori dobbiamo guidarla – forse accelerarla – ma senza perdere chi ha un’alfabetizzazione digitale più bassa.
In altre parole: meet people where they are.
Alternare modalità di conduzione
Se smart working non significa lavorare da casa (in tuta) una volta a settimana, alla stessa stregua condurre un’aula virtuale non è semplicemente trasportare una lezione su Zoom o Skype.
Se, come il sottoscritto, considerate inefficaci e mortalmente noiose le lezioni a una via condite di infinite slides powerpoint, vi posso assicurare che in un’aula virtuale il risultato è ancora peggiore.
Bisogna quindi utilizzare, il più possibile, diverse modalità di conduzione. Ad esempio, si può ricorrere ai lavori in team.
Dividere l’aula virtuale in sotto-aule è molto semplice sia per chi ha l’opportunità di utilizzare piattaforme altamente specializzate per l’education come Blackboard ma anche chi ne utilizza di general purpose come Zoom, che prevede un’efficace opzione chiamata Breakout Rooms.
E se – a questo punto – la curiosità di sperimentare un’aula virtuale è diventata incontenibile, basta non aver timore e scegliere di essere attori consapevoli dell’upgrade 2020.