Economisti da Nobel

Tutto ciò che riguarda il mondo del management ha origine da qualche studioso di economia. Nonostante ciò, le conoscenze economiche di molti manager sono limitate o circoscritte a pochi ambiti.

Sono appassionato di economia da molti anni. Durante il master , dopo i libri di marketing e finanza, mi capitò di leggere un libro di John Kenneth Galbraith “La società opulenta” e subito compresi quanto fosse importante approfondire i temi economici per chi fa il manager o si occupa di management.

Mia moglie che conosce bene questa mia passione mi regala regolarmente dei libri di economia.

Recentemente mi ha regalato: “Economisti da Nobel” di Roberto Fini, docente di economia a Verona. Fini ha una grande dote: descrivere concetti anche molto complessi, in modo sintetico e comprensibile .

Economisti da Nobel è un bellissimo libro di economia, nel quale Roberto Fini ha descritto la biografia e le principali teorie dei più importanti economisti che sono stati insigniti del premio Nobel dell’economia, istituito nel 1969.

Fini suddivide gli economisti in diversi gruppi, ad esempio nel gruppo dei Pelerinists – gli economisti riuniti nel 1947 da Friedrich Von Hayek a Montreaux in Svizzera alle pendici del monte Pelerin – ci sono stati ben otto premi nobel all’insegna del liberalismo più estremo. Tra questi certamente i più famosi sono Friedman e Becker. Da quest’ultimo è nato il concetto di “capitale umano” che oggi molte società di consulenza trattano come fosse una loro idea originale.

Un altro esempio dell’importanza che riveste l’economia nel mondo del management riguarda alcune teorie nate da premi Nobel alla base di moderni modelli finanziari. Fini raggruppa questi economisti nel capitolo “Al casinò dei mercati finanziari”. Fra questi Scholes e Merton famosi non solo per il Nobel, ma per aver fondato un hedge fund – LCTM – basato proprio sulle loro teorie e algoritmi. Peccato che nel 1978 (un anno dopo il premio Nobel) questo fondo fu uno dei più grandi fallimenti della storia di Wall Street.

E lo sapevate che un economista agrario – Theodore W. Shulz premio Nobel nel 1978, approfondì l’influenza dell’istruzione sull’economia di un paese?

Tobin e Markowitz approfondirono invece il tema della diversificazione del portafoglio, il primo a livello di macroeconomia, il secondo per i portafogli di asset finanziari. E alla base dei criteri e metodi di valutazione delle imprese – utilizzati dalle principali “case” di consulenza strategica americane – c’è una teoria sviluppata dal nostro Modigliani insieme a Miller.

Il PIL, che purtroppo da noi negli ultimi anni è sceso di parecchi punti, è un invenzione di un Russo naturalizzato americano, Kuznets, che fu il primo ad analizzare grandi mole di dati provenienti tra l’altro dai sistemi fiscali degli USA. Dalle sue analisi, nel suo periodo storico, la convinzione che l’ineguaglianza tra le persone nei paesi sviluppati fosse destinata a diminuire per sempre. Così non è, e l’indice di GINI che misura appunto l’ineguaglianza tra i redditi, ha iniziato una terribile risalita dagli anni 80 in molti paesi.

E le donne? Una sola finora Nobel nel 2009: Elinor Ostrom. Scomparsa poco dopo, premiata per temi legati alla cooperazione, una rarità nell’ambito degli studi economici che privilegiano spesso la competizione.

Leggete questo libro e scoprirete che molte “invenzioni” di management e mode della consulenza hanno origine in teorie di studiosi che hanno speso la propria vita per la ricerca e per l’insegnamento.

Complimenti a Fini, non si trovano molti autori italiani così bravi a divulgare l’economia.

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Stefano Pivi

Da oltre venti anni nella consulenza e formazione manageriale. MBA

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