La parola d’ordine di questi ultimi tempi è “cambiamento”.
Cambiare per vincere la concorrenza, cambiare per essere in linea con le esigenze e le aspettative del cliente, cambiare per essere al passo con chi studia e sperimenta il cambiamento prima degli altri, cambiare per riuscire a integrarsi con le nuove tecnologie, cambiare perché continuare a percorrere sempre la stessa strada è poco funzionale al raggiungimento di nuovi obiettivi, cambiare perché cambiare è “trendy”.
Chi non cambia, o si dichiara poco incline al cambiamento, viene additato come personaggio pericoloso e nocivo al benessere e al progresso in generale.
Stephen Covey (1932 – 2012), noto formatore americano sullo sviluppo della leadership, ha detto: “Chi continua a fare le cose che ha sempre fatto, ottiene quello che ha sempre ottenuto.”
E questa filosofia oramai si è estesa dal mondo professionale delle aziende e del mercato a quello privato delle reti sociali e della famiglia.
C’è qualcosa di intrinsecamente giusto o sbagliato nel cambiamento? Il fatto di cambiare è di per sé elemento di valore nella vita di una persona o di un’azienda?
La parola cambiare ha origini latine, dove viene usata nel significato che attualmente ancora ha; prima ancora trova le sue radici nel greco antico in cui ha un valore più fisico e meno intellettuale, legato all’atto di piegare, curvare, girare intorno.
Da ciò deriva la necessità di annettere al termine “cambiamento” una dimensione fondamentale: la flessibilità, cioè la capacità e l’attitudine di rimanere con le radici saldamente piantate nel terreno dei valori profondi e riuscire a entrare in sintonia con gli agenti esterni, in una sorta di danza armoniosa e spontanea con quanto ci circonda.
Il cambiamento fa parte della vita dal momento stesso che una vita viene concepita e diventa elemento costante dell’essere sino a quando non si è più. E anche oltre.
Eppure l’essere umano, quanto più è culturalmente e socialmente evoluto, tanto più teme il cambiamento.
Ecco che il coaching si inserisce nelle vite professionali e private di un numero sempre maggiore di persone per sostenere, guidare e allenare competenze e attitudini naturali che si è persa l’abitudine ad esprimere proprio a causa di quel progresso e di quella evoluzione che esigono sempre più flessibilità e apertura al cambiamento.
Oramai le persone si rivolgono a un coach non solo per gestire con più efficacia e lucidità situazioni professionali, ma anche per padroneggiare con maggiore consapevolezza e un migliore benessere il proprio percorso personale.
Attraverso un’attività di coaching è più facile irrobustire le proprie radici, sentirsi più forti e più saldamente assicurati al terreno per riuscire così a trovare soddisfazione, gioia e divertimento nel giocare col vento che, con forza, sollecita i tronchi e i rami dell’albero.
Un percorso di coaching non vuole e non può creare capacità e doti nuove; può invece aiutare a scoprire queste dentro se stessi, allenare a potenziarle in vista del raggiungimento dell’obiettivo. Allora il viaggio diventa esplorazione, scoperta, meraviglia, entusiasmo, gioia; non sarà più un faticoso ed estenuante progredire attraverso problemi, ostacoli e avversità.
Potrebbe essere naturale chiedersi a questo punto se il coach è forse un personaggio fiabesco che, con una bacchetta magica e qualche formula segreta, riesce a trasformare il piombo in oro.
Il mito della ricerca della pietra filosofale ha accompagnato da sempre il cammino dell’umanità e la risposta, che per secoli è parsa irraggiungibile, è invece a portata di mano di chiunque sia disposto a vederla.
Gli ultimi studi condotti nella fisica quantistica dicono senza più ombra di dubbio che quanto Shakespeare asseriva in toni estremamente poetici è scientificamente vero: “Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni”.
La forza del nostro pensiero, l’energia della Vita e dell’Universo sono dentro di noi, sono noi.
Non ci sono perciò magie da compiere, alchimie segrete da scoprire, capacità da creare. È già tutto a disposizione; bisogna soltanto togliere la polvere accumulata in tanti anni di condizionamenti, di false credenze limitanti, di ferite auto inferte.
E il coach aiuta a fare pulizia.